Un SEO specialist si occupa di ottimizzare siti e pagine web con un scopo ben preciso. Quello di posizionarli ai primi posti dei motori di ricerca.
C’è chi lo fa seguendo le regole prestabile. Chi – invece – preferisce prendere scorciatoie discutibili. Cioè, utilizza pratiche e tecniche di vario tipo (ma tutte decisamente scorrette) che ricadono sotto il nome generico di Black Hat SEO.
Stai muovendo i primi passi nel grande mondo del digital marketing e vuoi evitare di commettere errori? Il tuo obiettivo è conquistare la SERP senza imbrogli?
Perfetto. Allora ti consigliamo di leggere questa guida. Scoprirai come distinguere i buoni dai cattivi della SEO.
Occhi aperti!
Definizione di Black Hat SEO
L’espressione è presa a prestito dai film western. Da una parte c’è il black hat (cappello nero). Ovvero colui che identifichiamo come il brutto ceffo. Dall’altra, il white hat (cappello bianco)… l’eroe. Insomma, il John Wayne o il Clint Eastwood della situazione.
Data la premessa è facile intuire dove vogliamo andare a parare.
Il termine Black Hat SEO si riferisce:
a una serie di pratiche che vengono utilizzate per aumentare il posizionamento di siti web o di alcune pagine nei motori di ricerca attraverso tecniche che vanno contro i termini e il regolamento stabilito dai motori di ricerca stessi.
Wikipedia
In pratica, si tratta di manipolare gli algoritmi dei motori di ricerca. Di ingannarli. Naturalmente parliamo di strategie non etiche. Soprattutto dal punto di vista degli utenti che troveranno contenuti di scarsa qualità.
Ma andiamo avanti.
Vuoi scoprire quali sono i trucchi della Search Engine Optimization? Leggi la nostra guida completa e il mondo della SEO per te non avrà più segreti!
Principali tecniche ed esempi di Black Hat SEO
Abbiamo un obiettivo. Spiegarti come funziona e in cosa consiste la Black Hat SEO.
Ecco – quindi – quali sono le tecniche più diffuse.
- Keyword stuffing
Possiamo tradurre in italiano come “abuso/eccesso di parole chiave”. In sostanza, si sovraccarica una pagina web di keyword irrilevanti o non pertinenti al contenuto per scalare velocemente la SERP. - Testo nascosto
Hai presente un camaleonte? Beh il principio è lo stesso. Si tratta di inserire parole chiave in maniera occulta. Non visibile all’occhio umano. In genere, sono trasparenti o di colore uguale allo sfondo. - Doorway pages
L’espressione descrive pagine prive di contenuto reale. Pagine di ingresso ad un sito (spesso non leggibili dagli utenti) che hanno un unico fine. Essere indicizzate. - Link farm
Dobbiamo considerarle come pagine infarcite di link a siti esterni. Di qualsiasi tipologia e contenuto. - Desert scraping
Letteralmente “raschiare il deserto”. Cosa significa? Si cercano contenuti non più inclusi negli Index dei motori di ricerca per uno scopo preciso: rubarli. Una volta trovati (di solito tramite l’individuazione di domini scaduti) vengono ripubblicati sulle proprie pagine. Come fossero degli originali. - Commenti spam
Servono a conquistare più backlink, cioè collegamenti ipertestuali provenienti da siti esterni. Basta copiare/incollare lo stesso commento dove capita. Senza aggiungere informazioni di valore. - Cloaking
Si mostrano contenuti differenti in base all’user agent. Per i crawler (ovviamente) si tratta di contenuti ottimizzati per il posizionamento. - Sneaky Redirects
Anche detti “reindirizzamenti ingannevoli”. In poche parole, gli utenti vengono condotti su URL diversi da quelli richiesti. - Contenuti generati automaticamente
Anche usare programmi per la creazione automatica di contenuti vuol dire fare Black Hat SEO. È un escamotage che permette di risparmiare tempo. Però ne risentono pesantemente originalità e senso del testo.
Terminiamo con una precisazione. La nostra è una guida non un invito alla Black Hat SEO. Studiamo il nemico per combatterlo meglio.
Come segnalare a Google un sito che fa uso di Black Hat SEO
Hai scoperto un sito che ha scelto di passare al lato oscuro SEO mettendo in pratica almeno una delle tecniche citate?
Allora, ti chiediamo di fare un piccolo gesto per la comunità degli internauti. Dillo a Google.
In che modo?
Basta andare nell’apposito spazio di Google Search Console e compilare dove indicato. Ovviamente, occorre avere a portata di mano l’URL della pagina interessata.
Che cos’è la Grey Hat SEO
Ci si può arrivare con l’intuito. La Rete (come la vita) è una questione di sfumature. Esiste la Black Hat SEO, la White Hat SEO e una terza opzione che funziona da compromesso.
La Grey Hat SEO riguarda – infatti – tecniche non chiaramente bannabili o da promuovere. Facciamo un paio di esempi concreti.
Se è vero che Google non apprezza i contenuti copiati è vero anche che non ci sono indicazioni esplicite sulle parafrasi. Basta saper rielaborare con stile.
Inoltre, al momento è possibile aggiornare le date dei post. Modificarle per far sembrare vecchi contenuti come nuovi.
Però, attenzione. Le cose cambiano in fretta perché i motori di ricerca sono sempre all’opera.
Schierati dalla parte degli utenti per contrastare i comportamenti di webmaster sbrigativi e poco professionali.
Quindi tieniti aggiornato.
I rischi
Fino a qualche anno fa erano in molti ad impiegare tecniche di SEO Black Hat per aggirare i motori di ricerca e ottenere maggiore visibilità online. Specialmente prima dell’avvento – nel 2012 – del famoso algoritmo Google Penguin. Una sorta di manna dal cielo contro i furbetti dello SPAM.
Ma cerchiamo di capire meglio. Cosa succede quando si viene colti in fallo?
Big G opera su due versanti. Con:
- penalizzazioni algoritmiche = parliamo di sanzioni automatiche. Ad applicarle sono software specifici di Google come il già citato Penguin, Panda e Hummingbird.
- penalizzazioni manuali = il controllo ed eventuali penalty vengono effettuate da persona fisica. Quasi sempre un Search Quality Team o una figura del Webspam Team.
Ricordiamo che oggi le ammende sono davvero severe. Si rischiano gravi perdite di ranking o – addirittura – di essere deindicizzati.
È proprio il caso di dire che il gioco non vale la candela. E poi, basta rifletterci su. I risultati sono destinati a durare poco.
Un consiglio da esperti? Dai un’occhiata alle istruzioni per webmaster di Google.
Conclusioni
Il nostro viaggio sta per giungere al termine. Speriamo di averti convinto: l’onestà paga sempre. Mentre avrai capito che la Black Hat SEO porta con sé problemi di una certa portata. Assolutamente non trascurabili.
Quello più grande? Di sicuro la possibilità di peggiorare il posizionamento del proprio sito web e di deludere le aspettative degli utenti. Spesso in maniera definitiva.
Desideri spingere il tuo sito ai primi posti dei motori di ricerca con una buona strategia SEO?
Contattaci. Octotech Solutions offre soluzioni pratiche e personale qualificato per creare progetti su misura.
Cosa aspetti?