Per comunicare in maniera efficace è fondamentale sapersi rapportare al proprio interlocutore. Cioè capirlo fino in fondo per accontentare le sue esigenze.
Ed ecco che entra in scena il concetto di marketing inclusivo. Stiamo parlando di quello che potremmo considerare come il marketing per tutti. Spesso si rivolge alla lotta contro gli stereotipi. Ma significa – soprattutto – rappresentare le persone che fanno parte del mondo reale.
Insomma, non siamo più negli anni ’50. La pulizia della casa non è solo roba da donne e l’amore non può ridursi a un problema di etichette. Ormai è assodato.
Vuoi prove alla mano? Fatti e numeri che confermino le nostre affermazioni? Perfetto.
Basta continuare la lettura!
Che cos’è il marketing inclusivo
Partiamo dall’aggettivo.
In ambito sociale definisce l’atto di estendere, a quanti più soggetti possibili, il godimento di un diritto o la partecipazione ad un sistema o a delle attività specifiche.
E in campo pubblicitario? Semplice. Viene usato per indicare il marketing che abbraccia le diversità. Ne diventa portavoce. In pratica:
rispetto al marketing convenzionale, che si rivolge a un determinato gruppo demografico, il marketing inclusivo si eleva al di sopra di tale norme, dimostrando che un’azienda si preoccupa dei propri clienti in tutte le fasce demografiche.
fsociety.gr
Naturalmente riguarda ogni singolo elemento che sia in grado di caratterizzare l’individuo.
L’inclusione va oltre la diversità del sesso o del colore della pelle. È anche una questione di età, geografia, differenze socioeconomiche e relative professioni, capacità e sessualità.
Lorraine Twohill
Perché scommettere sul marketing inclusivo
I dati parlano chiaro. Il mercato premia chi investe sulla diversità e sui valori condivisi.
Infatti, secondo quanto diffuso da un recente studio Microsoft , i ragazzi della cosiddetta generazione Z (cioè dei nati fra la seconda metà degli anni ’90 e il 2010) sono ampiamente a favore del marketing inclusivo.
Nella fattispecie:
- il 70% degli intervistati dichiara di manifestare più fiducia nei confronti di marchi che rappresentano la diversità nelle campagne promozionali/pubblicitarie;
- il 49% ammette di aver smesso di fare acquisti presso brand non rappresentativi dei loro valori;
- il 69% afferma che i marchi che puntano alla diversità sono più autentici.
Ti suggeriamo di rifletterci su. Hai un’attività da promuovere e il tuo pubblico è per larga parte composto da giovanissimi? Di sicuro il marketing inclusivo potrebbe fornire risultati interessanti.
Ma andiamo avanti per saperne di più.
Consigli, tecniche e best practice per una campagna di successo
È ora di passare alla pratica.
Come si realizza una buona campagna di marketing inclusivo? In primis affidandoci a professionisti esperti del settore.
Regola numero due: leggere sotto!
- Conosci te stesso ma soprattutto il tuo target
Non facciamo filosofia spicciola. Piuttosto, anche qui si tratta di cominciare dalle basi. Ovvero dalla costruzione delle buyer personas che costituiscono il nostro pubblico. Un consiglio spassionato? Evita di ragionare per schemi consolidati. - Pratica ciò che predichi
Il riferimento è biblico. Sono parole impiegate da Gesù – nel Vangelo di Matteo – per condannare l’ipocrisia dei farisei. Ma è pure un monito che funziona benissimo nel marketing. Bisogna dare l’esempio. Essere coerenti con il messaggio veicolato. In caso contrario si rischia di perdere credibilità. - Utilizza un linguaggio inclusivo
Specifichiamo subito che un linguaggio di questo tipo è attento a non essere discriminatorio. In che modo ci riesce? Scegliendo termini adeguati. Che non risultino offensivi verso nessuna categoria o gruppo minoritario.
Non si inneggia alla violenza e al rafforzamento di cliché denigratori e svalutanti. - Facilita la comprensione del testo
Fare marketing inclusivo significa soprattutto farsi capire dagli utenti. Rendersi accessibili. Quindi utilizza uno stile di scrittura che sia semplice, trasparente e diretto. Al bando i tecnicismi. Sì – invece – a font leggibili e a interlinea spaziosi.
P.S.
In Italia il tema della comunicazione inclusiva si identifica quasi totalmente con il discorso del sessismo linguistico. Sicuramente l’assenza del genere neutro e l’uso del maschile sovraesteso hanno complicato le cose.
Desideri approfondire l’argomento? Avere più informazioni?
Allora dai un’occhiata a Il sessismo nella lingua italiana. Trent’anni dopo Alda Sabatini, volume – a cura di Anna Lisa Somma e Gabriele Maestri – interessante e ricco di spunti utili.
Esempi marketing inclusivo
Come sempre conviene ricorrere agli esempi. Si capiscono meglio dei discorsi e servono a dare concretezza alla teoria.
Ecco – quindi – alcuni esempi di marketing inclusivo da cui prendere ispirazione.
- Ikea “Siamo aperti a tutte le famiglie” = è il 2011 e l’azienda svedese decide di assestare un bel colpo all’omofobia utilizzando l’immagine di una coppia gay intenta nello shopping. I detrattori sono molti (compreso l’allora Sottosegretario alla famiglia Carlo Giovanardi). Ma l’idea è vincente.
- Lane Bryant #EmpowerALLbodies = i movimenti body positive mirano a ridefinire i canoni di bellezza imposti dalla moda. E per fortuna. Perché l’obiettivo è quello di condurre all’accettazione del proprio corpo. Come fa il noto marchio americano di intimo, che – nel 2015 – propone scatti di donne di ogni taglia, gender e misura vincendo il premio di campagna pubblicitaria più sexy dell’anno.
- Coca Cola Nederland – Sunset/Ramadan = Nel 2018 Coca Cola realizza uno spot a forte carica emozionale. La protagonista è una ragazza musulmana alle prese con le ultime faticose ore di digiuno. Il gesto inaspettato arriva da passante occidentale che le offre il famoso drink. Da bere insieme dopo il tramonto. Non finisce qui. Il video si chiude con uno slogan che risulta particolarmente calzante. Ossia: “Quello che ci unisce è più grande di quello che ci divide”.
Che ne dici? Il marketing inclusivo è nelle tue corde? Allora comincia a buttare giù qualche progetto. E non dimenticare che anche l’occhio vuole la sua parte.
Consulta la nostra guida pratica sul visual storytelling. Scopri come raccontare la tua storia con l’arte delle immagini!
Pro e contro
Sembra giusto avviarci verso la fine di questa guida tirando le somme. Quali sono i punti di forza e i punti deboli del marketing inclusivo?
Se fatto come raccomandato porta vantaggi assolutamente non trascurabili. Permette di:
- generare fiducia e fidelizzare gli utenti;
- promuovere le vendite;
- stimolare il passaparola positivo.
Però ricordiamo che c’è anche il rovescio della medaglia.
Mai sentito parlare di rainbow washing?
L’espressione descrive una particolare strategia comunicativa che consiste nell’accostare il brand alle istanze LGBT. Insomma, sfruttarle per avere maggiore visibilità. Ma senza contribuire realmente alla causa.
Cosa succede quando la verità viene a galla?
Processi, critiche, calo generale dei consensi e delle vendite.
Conclusioni
A questo punto avrai capito tutto. Il cuore del discorso. Cioè che – oggi – il mondo della comunicazione deve tener conto della realtà così com’è. Considerando ogni minima sfumatura, categoria e differenza sociale.
Hai ancora qualche dubbio al riguardo? Pensi che il marketing inclusivo potrebbe fare al tuo caso, ma non sai da che parte iniziare?
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